MEDIAZIONE E TERRORISMO, PROGETTI UE: INCONTRO NEL CARCERE DI PADOVA - Agenfor International

MEDIAZIONE E TERRORISMO, PROGETTI UE: INCONTRO NEL CARCERE DI PADOVA

DOSSIER
Articolo a cura di Marina Caneva


Diffondere una migliore conoscenza della mediazione penale come metodo alternativo per la risoluzione dei conflitti in quegli istituti penitenziari con circuiti detentivi dedicati ai reati connessi al terrorismo. Si è parlato di questo ieri, nella sala riunioni della Casa di reclusione di Padova, nel corso di una tavola rotonda sul tema della giustizia riparativa e della sua potenziale implementazione nel nostro sistema giuridico, penale e penitenziario.

Il tema è al centro di diverse raccomandazioni e decisioni quadro del Consiglio dell’Unione Europea relative alla posizione della vittima nel procedimento penale (2001/220/GAI del 15 marzo 2001), sostituite successivamente dalla Direttiva 2012/29/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 25 ottobre 2012, che ne sollecitano fortemente lo sviluppo.

In sede europea, nell’ambito dei progetti J-SAFE e MINDb4ACT, è stato infatti richiesto al Ministero della Giustizia italiano – Provveditorato Regionale dell’Amministrazione Penitenziaria del Triveneto, in collaborazione con la Fondazione Agenfor International, di organizzare un gruppo di lavoro sulle nuove metodologie relative alla mediazione penale, per facilitare il cosiddetto process of disengagement dall’estremismo violento. I suddetti progetti supportano giudici, pubblici ministeri, tribunali di sorveglianza ed operatori penitenziari nel pronunciare decisioni informate su casi e modelli di gestione penitenziaria attraverso strumenti di mediazione, sia nella fase processuale che in quella di esecuzione penale.

Nel corso dell’incontro ci si è confrontati sulle metodologie di mediazione, con particolare attenzione ai soggetti condannati per reati connessi al terrorismo e detenuti sotto osservazione per motivi di radicalizzazione. In una seconda fase ci si propone di implementare un progetto sperimentale multidimensionale e nuove forme di disimpegno dei detenuti, con possibilità di risoluzione dei conflitti tra rei, vittime e comunità.

Alla tavola rotonda, presieduta dal Provveditore Regionale dell’Amministrazione Penitenziaria per il Triveneto Enrico Sbriglia, hanno preso parte il Presidente del Tribunale per i Minorenni di Bologna, uno dei Magistrati di Sorveglianza di Padova, il Presidente del Centro Italiano di Mediazione e di Formazione alla Mediazione, il Direttore dell’Ufficio Esecuzione Penale Esterna di Padova, un rappresentante del Royal Elcano Institute spagnolo specializzato in studi strategici internazionali, il Presidente dell’Associazione Islamica Italiana degli Imam e delle Guide Religiose, il Direttore della rivista Ristretti Orizzonti, dirigenti penitenziari, rappresentanti della Polizia Penitenziaria, funzionari giuridico-pedagogici, il cappellano dell’istituto penitenziario e ricercatori. Sono intervenuti inoltre Valeria Collina, autrice del libro “Nel nome di chi” e madre di Yousuf Zaghba, uno dei protagonisti dell’attentato terroristico avvenuto a Londra nel 2017, e, online, il Comandante di Reparto della Casa di reclusione di Rossano Calabro, dove sono ristretti 23 detenuti nel circuito Alta Sicurezza 2 per reati connessi al terrorismo.

Marina Caneva è Referente per la comunicazione del Prap di Padova